Pronto, Daniele Piller? Quanta rabbia c'è nel vivere dall'esterno l'entusiasmante finale di stagione del tuo Sappada?
«Non dirmelo... È durissima non poter essere in campo a dare una mano alla propria squadra. Al momento posso essere utile solo tifando. A questo proposito credo proprio che domenica prossima ci sarà un ambiente speciale a Sappada».
Racconta il tuo infortunio.
«L'11 settembre, in uno scontro fortuito con un giocatore del Timaucleulis, il ginocchio è saltato. Inizialmente pareva solo una distorsione, tanto che sono rimasto in campo oltre un'ora con un tutore, poi invece la mazzata: rottura del crociato posteriore».
Un bel guaio per te e per il Sappada, privo di un portiere di riserva.
«Già, ma fortunatamente il gruppo è solido e compatto e Stefano Colle Winkler non mi sta facendo rimpiangere, considerando che con lui fra i pali sono arrivati 8 punti in 4 partite».
Ma a Sappada altri portieri non ci sono proprio?
«Difficile trovare qualcuno che si impegni sapendo di andare in panchina. Però ho chiesto alla società per il 2012 di trovare un altro estremo difensore che venga da noi per giocarsi il posto con il sottoscritto, alla pari».
Già, in Prima servono almeno due portieri...
«Calma, calma. Con l'Amaro dobbiamo vincere e gli avversari sono certo che se la giocheranno. I senatori della squadra sono bravi a farci stare tutti con i piedi per terra, perché la strada è ancora lunga».
Se voi pareggiate e il San Pietro vince, ci sarebbe il derby-spareggio.
«Non ci voglio nemmeno pensare!».
Cosa significherebbe per Sappada la prima volta nella massima serie carnica?
«Sarebbe il coronamento di un progetto che vede coinvolti solo ragazzi del paese e tanti giovani».
Il cognome lascia pochi dubbi sulla tua provenienza, ma ormai possiamo considerarti udinese d'adozione, vero?
«Certo. Ho frequentato le scuole superiori a Udine e qui da otto anni vivo e lavoro. Parlo anche il friulano, tanto che a Sappada, scherzando, mi dicono che ormai non sono più uno di loro».
E a Udine c'è anche il segreto di quella che, fino all'infortunio, è stata la tua miglior stagione di sempre.
«Si chiama Ju Jitsu, è un'arte marziale giapponese che si basa sull'autodifesa, utilissima per concentrazione e coordinazione. L'ho conosciuta poco meno di un anno fa e ne sono rimasto folgorato».
Su Facebook ti firmi Daniele "Keft" Piller. Significato?
«Semplice, "Keft" è il mio soprannome. In molti mi conoscono solo così».